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    14.07.2018 - 29.07.2018
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IL PARCO NATURALE DEL SASSO SIMONE E SIMONCELLO
Il Parco Naturale del Sasso Simone e Simoncello, unico parco interregionale d'Italia, ha una superficie di quasi 5000 ettari ed è compreso in parte nel territorio del Comune di Pennabilli, racchiude i rilievi dei Sassi Simone e Simoncello, Monte Canale, Monte Palazzolo, con quote comprese tra i 670 m e i 1415 m del Carpegna, vetta del parco e spartiacque tra la Valmarecchia e la Valle del Foglia. Il Parco è nato per tutelare un territorio di straordinaria valenza paesaggistica e naturalistica. L'imponente mole dei due Sassi e del Monte Carpegna, la grande foresta di cerri, la varietà del paesaggio, a cui contribuiscono un complesso contesto geologico, boschi e prati, sono capaci di sorprendere e affascinare anche il più consumato tra gli escursionisti. La vegetazione presenta componenti di gran pregio: la cerreta si estende dai piedi dei Sassi fino al passo della Cantoniera, i prati a est sono il risultato di aree disboscate dall'uomo e attraversano zone calanchive caratterizzate da suggestivi affioramenti geologici multicolori. Altra area di particolare interesse è la “Costa dei salti”, costituita da calanchi, canaloni e pareti ripide pressoché spoglie, che ospitano una vegetazione rara e di grande interesse botanico.

IL PARCO FAUNISTICO
Il Parco faunistico è compreso in un'area di oltre 5 ettari, è costituito da prati, cespugli di biancospini, ginestre e prugnoli, siepi e boschetti a lato del torrente Seminico, in cui convivono animali domestici, come capre, pecore, muli, dai quali, un tempo, le famiglie contadine ricavavano latte, carne e forza lavoro, e animali selvatici in libertà: caprioli, daini e cinghiali hanno di che nutrirsi nelle radure e nel sottobosco, mentre rane, rospi, tritoni trovano il loro ambiente naturale negli stagni.

LA STORIA
Pennabilli è la “capitale della bellezza” (come la definì Tonino Guerra), dove la poesia della tradizione si sposa con la magia delle moderne creazioni del grande Maestro, dove un'escursione diventa l'occasione per un viaggio nella storia o per volgere lo sguardo dentro se stessi. Pennabilli, antica e suggestiva cittadella arroccata in posizione dominante sulla verdissima valle del fiume Marecchia, fu culla del casato dei Malatesta. Per ricostruirne la storia bisogna risalire all'epoca etrusca e romana a cui ci riportano i reperti archeologici che testimoniano dei primi insediamenti umani. Durante le scorrerie barbariche del I millennio d.C., le due alture impervie attorno a cui oggi sorge, chiamate Roccione e Rupe, servirono da rifugio alle popolazioni stanziate nei dintorni, che diedero origine alle comunità di Penna e Billi. I due toponimi (l'uno derivante dal latino pinna, vetta o punta, e l'altro da bilia, cima tra gli alberi) fanno riferimento alla caratteristica conformazione dei due colli. Una seconda teoria suggerisce che Billi deriverebbe, invece, dal nome del dio etrusco del fuoco Bel, venerato in un tempio divenuto, in era cristiana, chiesa di San Lorenzo (martire del fuoco). Nel 476, Odoacre, re degli Eruli, concesse a un suo condottiero, Armileone Carpigno, il castello che difendeva la rupe di Billi e, nel 1004, un discendente della casata dei Carpegna, Gianni della Penna, soprannominato Malatesta, probabilmente per alcuni suoi connotati caratteriali, realizzò una fortificazione sulla cima denominata Penna; qui consolidò il proprio potere e da qui si trasferì prima a Verucchio, poi a Rimini, assoggettando una vasta area circostante. L'unione tra Penna e Billi avvenne solo nel 1350 con la posa della “pietra della pace" nella piazza del mercato sorta tra i due nuclei fortificati. Nei secoli seguenti i Malatesta, i Montefeltro, i Medici e, infine, lo Stato Pontificio si succedettero nel dominio di queste terre aspramente contese perché fonte di ricchezza grazie alla funzione di collegamento tra Adriatico e Tirreno, tra il Nord e il Sud d'Italia. Nel 1570, il papa Pio V (poi fatto santo e, oggi, patrono della città) trasferì a Pennabilli da San Leo la sede della Diocesi del Montefeltro caratterizzandone la struttura dal punto di vista urbanistico e arricchendola di nuove architetture religiose: la cattedrale e il seminario, che andarono ad aggiungersi al santuario di Sant’Agostino, al convento delle Agostiniane, alla chiesa e all’ospedale della Misericordia. Con l'unità d'Italia, Pennabilli diviene centro amministrativo ed economico di notevole importanza, ospita la pretura e la tenenza dei Carabinieri. Nel 1928, a seguito della soppressione del Comune di Scavolino, a Pennabilli vengono aggregate le comunità di Scavolino, Bascio, Cà Romano e Miratoio. La forte emigrazione verificatasi nel dopoguerra provoca l'abbandono delle campagne e riduce consistentemente il numero dei residenti, che, attualmente, su una superficie di 63 km2, sono circa 3000. Agli inizi del terzo millennio, Pennabilli è una cittadina tranquilla, che si regge economicamente su alcune unità artigianali e industriali, su agricoltura e allevamento e ha saputo imporsi, grazie a importanti iniziative di risonanza internazionale (tra cui la Mostra Mercato Nazionale d’Antiquariato) e al prestigio datole da un cittadino d'eccezione come Tonino Guerra, quale modello di turismo ambientale e culturale. Nel corso dei secoli, diversi pennesi si sono distinti per la loro opera e hanno dato lustro alla loro terra: fra' Matteo da Bascio, fondatore dell'Ordine dei Cappuccini, padre Orazio Olivieri, missionario in Tibet e compilatore del primo vocabolario Italiano - Tibetano, e Domenico Valentini, diplomatico alla corte imperiale di Vienna.






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    Antiquariato Città di Pennabilli, dal 14 al 29 luglio.



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